martedì 11 settembre 2018

SETTEMBRE


Dalla finestra del bagno si sentiva un forte profumo d’incenso. Era Veronica, la vicina del piano di sotto. Se ne stava sempre nel suo cucinotto a fumare. Spesso accendeva dell’incenso. Il profumo si spargeva in tutto il cortile interno. L’ora di pranzo è sempre un’ora desolante, pensò Eveline. Se ne stava seduta sul water a studiare. Era un modo come un altro per crearsi una scappatoia dalla routine casalinga. Lei di casalingo non aveva granché. Questo certe volte la faceva sorridere. Altre volte solo una bottiglia di vino e del sano rimpianto risolvevano la cosa.
D’improvviso una porta sbatté al terzo piano e si sentirono i passi della nuova coppia trasferitasi nel palazzo. Lei era incinta e dimostrava una 40-ina d’anni. Lui sembrava un ragazzino. Qualche giorno prima mentre parlava con Veronica e Matteo sul ballatoio loro erano passati, ma Eveline non fece domande. Non nutriva nessuna curiosità verso la vita degli altri. Questo a volte la preoccupava, a volte la faceva sentire leggera.
“Hai preso le chiavi della bici?”- chiese la donna in fondo alle scale.
“Sì, allora vuoi che ti accompagni oppure no”- fece lui con dolcezza.
“No, cioè se vuoi…”- disse lei.
Eveline sorrise, tipica risposta da donna, pensò.
Appoggiò il libro sulla lavatrice, aprì il rubinetto del lavandino e si sciacquò la faccia.
Mancava ancora molto alle 19.00 e una leggera sensazione di angoscia la prese allo stomaco.
Forse dovrei fotografare ogni angolo del palazzo, pensò. Mi dispiacerà andarmene da questo posto. Prima o poi, certo, doveva capitare, ma mi mancherà.
Si sedette sul divano in sala e cercò di studiare ancora. La sala era spoglia, niente più quadri alle pareti, niente più dischi e soprammobili. La cosa la faceva sentire stranamente bene. Dalla strada arrivava un gran brusìo. Era un settembre caldo, davvero caldo. Questa anomalia ha fatto impazzire la gente, bisbigliò.
Sul tavolino da salotto c’era il segno del bicchiere della sera prima. Riabbassò lo sguardo sul libro. Poi si alzò di scatto e prese uno straccio. Pulì il tavolo.
Non era necessario ma ormai è fatta, disse.
Chissà se lui se lo sarà ricordato, si chiese sospirando. Se se ne ricorderà quando rientra questa sera allora rimango. Se se n’è scordato me ne vado.
Mise su Leonard Cohen ma la musica stonava con il suo stato d’animo. Sentì il bisogno di uscire sul ballatoio e fumarsi una sigaretta. Erano solo le 16.00, di bere non se ne parlava ancora, nossignore.
“Carla, come va?”
“Ciao Eveline, bene tu?”
Carla era una ex insegnante. Da giovane se l’era spassata con il suo compagno e un gruppo di artisti in giro per l’Italia e il mondo. Ora lei continuava a reinventarsi, bevendo troppo e scegliendo relazioni sbagliate. Se arrivo a 60 anni come lei, pensava Eveline, non chiedo di meglio. Carla dava a credere a tutti di vivere come una buddista, il suo atelier  era completamente spoglio, muri bianchi, un divano, un tavolo. Ma Eveline sapeva che nascondeva la televisione dentro l’armadio a muro, sotto un lenzuolo. Questo le rendeva la donna molto più simpatica.
“Vieni, ti vanno due chiacchiere?”-  chiese Carla.
La risposta giusta era no, a Eveline non erano mai piaciute le chiacchiere. Un tempo un vecchio amore le aveva detto che parlava solo per citazioni, che non era mai sincera. Questo l’aveva ferita a tal punto che il suo inconscio aveva deciso di rimuovere ogni citazione che conosceva. L’aveva anche traumatizzata abbastanza da renderla incapace di chiacchierare senza che ci fosse un motivo.
No era la risposta giusta ma tirò su le spalle e fece il giro del ballatoio.
“Michelangelo torna oggi?”- chiese Carla.
“Aha”- fece Eveline sedendosi.
“Va bene tra di voi?”
“Certo, perché non dovrebbe. Quel tuo compagno, invece?”
“Si è calmato, ora la sua famiglia mi impedisce di vederlo ma quando esce dalla clinica di disintossicazione io lo vorrei rivedere. Sai solo perché insomma, solo perché deve sapere che ci sono.”
Lo sa che ci sei, sciocca, pensò Eveline, e che ti potrà ancora sfruttare. Siamo davvero ridicoli quando raccontiamo bugie a noi stessi. Giustificarci è ok, ma non bisogna fare finta di crederci- pensava Eveline mentre Carla continuava a parlare. Aveva già versato due bicchieri di vino rosso.
Ecco non dovrei bere, ma mi giustifico. Non mento, mi giustifico e basta- pensò Eveline.
C’era un tempo in cui i romanzi e le poesie erano la Grundnorm, non ispiratori ma la legge assoluta della sua vita. Voleva che tornasse ad essere così. La vita adulta non era per lei la verità, non aveva mai pensato che potesse esserlo. Spesso dopo una sbronza la coglievano attacchi di panico e finalmente vomitava tutto il suo sdegno per la vita adulta. Poi al mattino rimaneva solo un po’ di mal di testa e come per le persone bipolari, il vago ricordo di una crisi.
“Ora ti devo salutare Carla, ho un bel po’ da fare di là” - salutò la vicina e se ne ritornò nel suo appartamento.
Erano le 18.00, prese la borsa e uscì. La saracinesca del bar sotto casa era alzata per la prima volta. Forse qualche compratore era passato a vederlo. Tutto era rimasto come prima, prima che la barista morisse. Il separé con Marlyn Monroe, il vecchio baule in vetrina con i boccali e le birre artigianali. L’adesivo trasparente con la frase stampata che Michelangelo aveva fatto fare per lei. Un colpo al cuore la fece allontanare a passo spedito verso il parco.
La città e tutto quel baccano le sembravano contro natura. Un settembre così caldo e vivace non se lo ricordava da anni.
Erano le 21.00 quando rientrò. Era facile trovare conoscenti disposti a pagarle da bere. Le sembrava buffo. Non aveva mai fatto pace col suo essere socievole. Lo negava. Ma negare è mentire a se stessi, pensò.
Le luci in sala erano spente. C’era un bigliettino sul tavolo. Lo lesse alla luce del lampione che entrava dalla finestra.
“Scusami, mi sono dimenticato di comprarti il nuovo spazzolino da denti, al ritorno. Me ne sono ricordato solo quando sono entrato in casa. Ho già mangiato in ospedale. Le medicine ok. Ti voglio bene”
Michelangelo dormiva sul divano. Sul tavolino da salotto c’erano una modesta quantità di medicine. Il bicchiere aveva lasciato tanti aloni e i vestiti erano sparsi sul pavimento.
Se l’è ricordato, pensò e dentro di sé sorrise. Non proprio al momento giusto, ma se l’è ricordato. Guardò Michelangelo, poi gli aloni sul tavolino, poi il disordine.
“Al diavolo- disse a bassa voce- se l’è ricordato!” Prese il libro e andò a sedersi sul water. L’incenso di Veronica continuava a bruciare.