Suonò alla porta tre volte. Quando stava per rinunciare sentì la
maniglia girare lentamente. Da quando lei gli aveva restituito, ancora chiusa,
la busta blu contenente con ogni probabilità una lettera d’amore, evitavano di
trascorrere molto tempo insieme.
-“Ti disturbo?”
- “Stavo in balcone”- disse lui distrattamente e lasciando la porta
aperta attraversò la cucina senza invitarla a entrare. Lei lo seguì. Se ne
stava seduto su una vecchia cassa da frutta a fissare intensamente il palazzo
di fronte. Lei si appoggio sulla ringhiera e accese una sigaretta.
-“Non disturbo, vero? Volevo fare due chiacchiere. I pomeriggi
primaverili non finiscono mai.”
-“Già.”
-“Mi ero seduta alla scrivania a scrivere un saggio sulla paura. Avevo
le idee chiare prima di mettermi davanti al foglio bianco. Ma dopo mezz’ora
avevo scritto solo una frase: <la
paura è un sentimento generato dall’ignoto>. Poi ho modificato la frase
qualche volta: l’ignoto genera la paura, la paura è generata dall’ignoto, il
sentimento della paura è dovuto all’ignoto.”
-“Allora sono quattro frasi.”
-“No, alla fine ho cancellato le altre e ho lasciato la prima che
avevo scritto.”
-“Poi?”
-“Poi niente. Tutto qui.”
-“Allora dichiaralo finito, il tuo saggio dico, dichiaralo finito e
basta.”
-“Non esistono saggi di una sola frase!”
-“E chi lo dice? Mettici un titolone lungo lungo ed è fatta: <Saggio sulla paura: quel tedioso pomeriggio
di primavera quando mi misi al computer per scrivere un saggio sulla paura, poi
andai dal vicino per comunicarglielo mentre lui se ne stava sul balcone seduto
su una vecchia cassa di frutta e io mi accesi una sigaretta. La paura è un
sentimento generato dall’ignoto>. Ecco fatto.” - disse senza mai
distogliere lo sguardo dal palazzo di fronte. A volte aguzzava gli occhi,
muovendo leggermente la testa, come se dovesse mettere a fuoco certi dettagli
poco visibili.
-“Mi spieghi che cosa guardi?”
-“Quel balconcino lì, quello del terzo piano.”
-“Quale?”
-“Quello con le piantine aromatiche sul davanzale della finestra della
cucina.”
-“Vuoi mettere su dei vasi con le erbe aromatiche?”
-“Certo non ne avrei paura.”
-“Hai qualcosa da bere in casa?”
-“In frigo dovrebbe esserci del vino. Sii gentile, portamene un
bicchiere.”
-“Ci sarebbe molto di più da dire sulla paura, sai. Ultimamente se ne
sente parlare spesso, ma sempre banalizzando il concetto” - disse lei
rovistando in frigo alla ricerca della bottiglia di vino.
-“Come ogni concetto.”
-“Sì, beh, certo come ogni concetto. Non capisco come facciano i filosofi
a non impazzire di rabbia sentendo alla televisione ogni sorta di cazzata su
ogni sorta di argomento. La velina che parla di eutanasia, il calciatore che
parla di democrazia, il giornalista che parla dell’ordinamento giuridico.”
-“Magari i filosofi non hanno la televisione.”
-“Sì come no…dove trovo i bicchieri?”
-“Non so se sono titolato a darti questa risposta.”
-“Dai…”
-“Nello scolapiatti ma mi dissocio da ogni valutazione in merito.”
-“No davvero, non so come possa essere sopportabile l’idea che ogni
persona sia stata legittimata a parlare di ogni argomento con presunzione e
senza nessuna competenza. Non ti fa rabbia?”
-“Magari i filosofi si arrabbiano quanto te. Poi scrivono un saggio
sulla rabbia. Tanto di guadagnato…grazie.”
Lei gli allungò il bicchiere e si sedette per terra appoggiando le
gambe sulla ringhiera. Lui continuava a fissare il balconcino dell’appartamento
di fronte.
-“Perché ti interessa scrivere un saggio sulla paura?”
-“Ah questo non lo so...tu perché passi il pomeriggio a fissare il
balcone di fronte?”
-“Touché.”
-“No davvero mi dici cosa diavolo stai facendo?”
-“Fisso quel piccione appollaiato lì, tra le piantine su quel balcone.
Se ne sta lì da un po’ e mi sfida col suo sguardo indifferente.”
-“Se è in indifferente come fa a sfidarti?”
-“La sua indifferenza mi sfida.”
-“Tu sei pazzo.”
-“No, lo hai detto tu, sono i pomeriggi di primavera che non finiscono
mai. Guardando quel piccione mi è venuto in mente che probabilmente nel mondo
ci sono migliaia di persone che ogni giorno si riempiono le tasche di briciole
per gettarle ai piccioni, nei parchi, sul balcone, in strada. Ci pensi?
Migliaia di persone nel mondo che ogni giorno pensano ai piccioni. Perché?”
-“E che ne so…”
-“Ma ha dell’incredibile, come fai a non trovarlo straordinariamente
strambo!”
-“Mah”
-“Direi anche pertinente con il tuo saggio mono frase sulla paura..”
-“Ah sì? E come?”
-“Perché le persone hanno paura dei piccioni? Noi conosciamo i
piccioni, sappiamo cosa sono, come vivono eppure migliaia di persone li cibano
e altrettante persone li temono, ne hanno paura. Guarda quel piccione lì.
Continua a sfidarmi. Si fa beffa di me e del proprietario della casa- una
ragazzina niente male tra l’altro! Se ne sta lì indisturbato cagando sul
davanzale. Sa che l’umana non è in casa. Sa che quando l’umana rientrerà lui
volerà via. Il mondo è pieno di pesci-balconi. Mi fissa come per dirmi, ehehe
caro umano, tu non sai quante volte ho padroneggiato la ringhiera del tuo
balcone. Sa che l’umano potrebbe anche avvelenare dei pezzetti di pane per
farlo fuori ma che nella maggior parte dei casi non lo farà. Accetta il rischio
e pare che lo diverta”.
-“Hmmm, tutto questo lo sta
dicendo quel ratto volante spelacchiato laggiù…”
-“Certo. Ora dimmi, perché le persone hanno paura dei piccioni? I
piccioni non sono l’ignoto…potresti riempire i bicchieri?”
-“No, ora devo andare.”
-“Perché?”
-“Ho una frase da cancellare…e comunque, quello non è un piccione!”