Abbiamo appeso dei cd in balcone, tre file da tre
dovrebbero tenere lontani i piccioni
col loro luccichio
di giorno
di notte suonano canzoni morte
di giorno disturbano i vicini, credo
col loro luccichio pare tengano lontana la vita.
Digerita l’euforia, c’è una gran fame di suoni
lo sguardo, non più infastidito dalla rete,
si getta famelico oltre la strada
ai marciapiedi,
là, laggiù nel giardino deserto del seminario
i lavori tacciono
i cd continuano a sbrilluccicare
gli alberi rassegnati nascondono le gazze
i dialoghi strisciano apatici
si bloccano sulle dita smangiucchiate
rimandano
si cambiano d’abito, si convertono in sospiri
si auto digeriscono
poi si espellono – tesi – come corpi estranei
su un palcoscenico allestito a festa
mentre i cd
tre file da tre
sotto un sole indifferente
tengono lontani i piccioni col loro luccichio
ancora un giorno in più
i lampioni si accendono , un’altra notte in più
le stelle deridono la nostra impazienza
la nostra lungimirante miopia.
Quando la muta realtà atterra
la sofferenza perde il suo romanticismo.
In strada i suoni si esauriscono
come finali inconcludenti di film che non ricorderemo,
i cieli s’oscurano
di stormi d’uccelli che hanno dimenticato di migrare,
le stanze soffocano in gesti
che hanno dimenticato di vivere,
alle pareti germogliano piante carnivore
- noi, idrofobi, non troviamo fonti in cui affogare.
Le albe si susseguono, l’anima del mondo
mi fa male qui, sulla punta dei polpastrelli
s’ammutolisce e si trascina pigra
mentre i piccioni ridacchiano di nascosto
i cd appesi in balcone, tre file da tre
sbrilluccicano
tacendo
canzoni morte.