giovedì 31 gennaio 2019

L'OMBRA A PASSEGGIO



Mancavo da tempo qui
metropoli dei miei stivali stanchi.

Cerco di ricordare il tempo in cui ho deciso
che il centro della mia anima
                               mi stava stretto.
Ora sono la periferia stanca
di un gigante dal cuore cementato;
                        il crudele genitore non premuroso.

Sono il figlio non riconosciuto
Sono il minuscolo centro storico 
senza memoria
e passeggio 
ore 19:00
con l'ombra che mi rincorre
     frantumata in qualche scalino 
         di qualche marciapiede,
            incantata dalla luce di qualche lampione
                 si allunga all'indietro
                    per proseguire veloce in avanti
pura non esistenza
si nasconde subito, dopo tanto osare,
dietro a qualche altro sognatore
ad aspettare il verde al semaforo
sperando che il verde per il nostro fuggire
verso il nessun-dove ritardi ad arrivare.

Oggi sono un'ombra a passeggio
partorita dal vortice di vento
dietro il colletto alzato del mio cappotto
                              osservo
                    trafitta da mille impulsi elettrici.

Sono una vecchia radio spenta
al centro di un mondo in comunicazione;
devo ancora scoprire la password
                              per la mia interiorità.

Non arriverò a destinazione: camminerò sola 
cercando il mio Sconosciuto Destinatario.

Mio Sconosciuto di ogni dove
vieni a bere dalla mia bocca
i sogni che non osi ricordare.
Lascia fondere con la tua carne
il mio Io non materiale.

Mio sconosciuto destinatario,
                                 è notte.


(Milano, 2009)

domenica 27 gennaio 2019

UN PO' D'AMERICA




E’ svanito, mi hai detto, il fardello splendente dell’attesa
il furore vivo sulla punta delle dita, agli angoli di bocca
sotto le suole delle scarpe.
Ho voglia d’america, mi hai detto, di ritrovarmi e pentirmene
ho voglia d’america ingiusta e genuina
dell’ideale della corsa
di pozzanghere, famiglie a noleggio
sogni rateizzati.
Ho voglia d’inquietudine kerouachiana
quella che una bottiglia di troppo mette a tacere
che sopravvive come le erbacce cattive
quella che non lascia tempo per l’anima
intrappolata in piccole cittadine dalle periferie adornate di sirene.
Ho voglia di un po’ d’america dai ponti eccessivamente lunghi
e notti eccessivamente corte
di donne mai accarezzate
di strade che non finiscono mai dove tu speri
della frustrazione degli spazi infiniti, di ricordarti e pentirmene
di deserti fasulli e fantasmi di indigeni
che ti camminano accanto mentre simuli miraggi malinconici
e  non sai dove sei diretto.