E-Mails - di Massimo Giardina
Adesso lo so, ma ne ero certo, le mie e-mails non le sono mai arrivate. Sono di nuovo tutte qui, nella memoria, nei miei cassetti, perche’ lei non le leggesse e io gliene parlassi…
La prima Mail era il paesaggio, lo sfondo, descritto da un qualunque punto di vista: “…Stamattina il cielo e’ coperto, fino a qualche ora fa pioveva insistentemente, ora la strada e’ bagnata ai margini e visti da casa mia i palazzi hanno l’altezza dei monumenti. Due piani piu’ sotto un mio amico sta osservando le stesse cose: le macchine che passano, i lampioni che saltano e i cancelli che c’hanno inghiottito, nelle carceri e le fabbriche dell’ozio”
La seconda Mail era nel freddo, sepolta dalla neve, tanto che mi costrinse a coprirmi meglio: “…Il mio cuore e’ il tuo cuore e le mie tempie sono il tuo tempio. Ti ho sposata come volevi, tra lamenti e sciagure. Il giardino della chiesa era addobbato a lutto, mi hai portato all’altare truccato di spine, vestito di piume, perche’ fossi per la vita, il piu’ affascinante degl’insonni che dormono senza sonno”
La terza Mail era all’essenza, mi rivelava, cosi’ com’ero in quel momento: “…Amore mio, il passato preme, grava sul presente che simula se stesso. Avatar dio sumero, mi ha innalzato alla perfezione: sara’ sempre come vorro’ che sia, sempre come non vorro’ che non sia. Resterò piegato su di me, saro’ stupendo, estetico. Mi spacchero’ dentro, per lasciarti fuori”
La quarta Mail era intuizioni, m’invitava a superarmi e a liberarmi: “…E’ gia’ da un pezzo che tengo sotto tiro l’alcolista, ma preferisco non ucciderlo ancora, solo ieri ho fatto fuori l’introverso e il comunista. Quindi non gli sparero’ finche’ tu non verrai, finche’ non mi dirai che non e’ necessario che io ritorni. Lo sai benissimo che e’ colpa mia se non ha piu’ senso, se non c’e’ letteratura, se ho un cancro nei ricordi e se del tempo che stiamo vivendo, non se n’era ancora sentito parlare”
La quinta Mail era il coraggio, rese da li’ in poi intenso ogni mio gesto: “…Vedi? Non mi curo piu’ di me, non ho paura dei divieti. Ora posso seguirti ovunque, descriverti come vecchia e bambina, trapassarti nei pensieri. Posso leggerti e impararne, parlarti di nostro figlio ancor prima che nasca, strappartelo dal seno inevitabilmente, per farne un bastardo di due madri”
La sesta Mail era appunti sparsi, che confluirono nella mia poesia piu’ grande: “…Stanotte il parcheggio della discoteca e’ affollato di carovane, i ragazzi e le ragazze indossano abiti dimessi. Si comincia a ballare gia’ prima dell’ingresso, la musica house ha tempi folk e ogni compagnia e’ come un’egira di profeti. Manchi solo tu stanotte, perche’ hai deciso di non venire, perche’ continui a rimanere da sola in casa?”
La settima Mail era negli archivi del tribunale, era la mia condanna in atti: “…Per non essere stato capace di amarti, per averti lasciata in compagnia del tuo nemico, per aver permesso che t’incrociasse al muro, per non averti soccorsa dalla noia e per non aver asciugato il sudore che ti scendeva dalla fronte. Io mi condanno alla disperazione e alla solitudine, a una faccia triste e offesa e a pallide e insignificanti poesie”
L’ottava Mail era durante la guerra, quando a un tratto sospesero i bombardamenti: “…Carissima, qui e’ ormai primavera. A casa mia mancano soffitto e pavimento, non resistono che le pareti. Mi ha scritto quel mio amico del quale ti avevo parlato, lui e’ sempre piu’ convinto che non sia poi cosi’ necessaria una risoluzione del conflitto. Due piani piu’ sotto le cose non gli vanno malissimo: nel suo computer non ci sono virus, il televisore e’ funzionante e la radio manda ancora la sua musica preferita. Da te invece continuo a non ricevere notizie, spero solo che tu stia bene e che fuori di te siano ancora in grado di mantenere la pace”
La nona Mail era la sintesi, l’ennesimo confronto, con lei e con la prepotenza della realta’: “…Vorrei ridere, dimenticarti, ma non ci riesco. Ultimamente credo di aver capito alcune verita’ fondamentali: l’umanita’ e’ matematiche scomposte, ho letto pochissima narrativa moderna, a un sorriso corrisponde un sorriso, lo schiavo pasce il padrone e il padrone vola, privo di gravita’ nella storia, neutro e assente nel tempo”
La decima Mail era l’ultima e l’ultima Mail era la sua ultima parte: “…E poi a questo punto sono riuscito a smettere con molte cose: ho smesso di tirare la gonna a mia madre e ho smesso di farmi pestare da mio padre, ho smesso di sollevare il braccio sinistro con il pugno chiuso e quello destro con la mano aperta, ho smesso di bere e ho smesso di mangiare, ho smesso d’essere il migliore e ho smesso d’essere il peggiore. Quindi non mi sara’ difficile smettere di scriverti, non mi sara’ difficile smettere di scriv...

Amo- di Majakovskij
Che cosa ne è venuto fuori,
più di quanto fosse possibile,
più di quanto fosse necessario
come
in un sogno un incubo poetico,
quel groppo del cuore crebbe come una montagna:
una montagna d'amore,
una montagna d'odio.
Sotto il peso,
le gambe
traballavano.
Sai
se io
sono ben piantato,
eppure
mi trascino ridotto a un'appendice cardiaca
curvo per tutta la larghezza delle spalle.
Mi gofio col latte dei versi,
non riesco a spargerne fuori;
non c'è chi ne voglia, pare, e di nuovo mi gonfio.
Mi ha spossato la lirica,
nutrice del mondo,
iperbole
del prototipo di Maupassant.
Tu
Poi sei venuta tu,
e t'è bastata un'occhiata
per vedere
dietro quel ruggito,
dietro quella corporatura,
semplicemente un fanciullo.
L'hai preso,
hai tolto via il cuore
e, così,
ti ci sei messa a giocare,
come una bambina con la palla.
E tutte,
signore e fanciulle,
sono rimaste impalate
come davanti ad un miracolo.
"Amare uno così?
Ma quello ti si avventa addosso!
Sarà una domatrice,
una che viene da un serraglio!"
Ma io, io esultavo.
Niente più
giogo!
Tom Waits & Rickie Lee Jones
Inno- Jack Kerouac
(...)
E' stato allora che mi hai insegnato le lacrime, Ah
Dio in quel mattino,
Ah tu
E io appoggiato al lampione mi asciugavo
gli occhi,
gli occhi,
nessuno sa che ho pianto
o che me ne importasse qualcosa
ma Oh ho visto mio padre
e la madre di mio nonno
e le lunghe file di sedie
e balie di lacrime e morti,
Ah io sapevo Dio che Tu
concepivi per me migliori progetti
Pertanto qualunque progetto tu per me concepisca
O suddivisione di maestà
Falla corta
breve
falla rapida
portami a casa della madre eterna
oggi
Comunque al tuo servizio,
(e fino a quando)