lunedì 13 giugno 2011
Le bambole immaginarie di Anne Sexton
Prozac, jazz e banchieri spensierati.
Il tuo ippocampo, discarica abusiva
dei miei fiori selvaggi.
La luna cerca d'arrampicarsi più su.
Sabato sera e mi è rimasto l'ultimo bicchiere
sangue di giuda sensazioni di usato
fantasie rannicchiate in fondo ai bulbi capillari
sguardi racimolati in occasionali mercatini
di vite svendute
ed un taccuino vuoto che fingo di leggere
mentre i vecchietti del terzo piano
si preparano per la balera:
lei fruga con un cotton fioc dentro il rossetto,
lui pare dormicchi già, seduto in cucina.
Con la pioggia sono ok, mi uccide l'insonnia
la vertiginosa lucidità, avrebbe detto Cioran!
Sono travagliata da un'interiorità prolissa.
Salvami dalle inutili verità. Mentimi.
Dissolvi queste infinite barbarie della coscienza
o almeno spediscimi canzoni
la mia immaginazione è logora.
Accenderò per te le mie dita- Menorah mutilato-
accanto alla loro fiamma vergine tacerò.
Avrei voluto scriverti lettere.
Dicono che le lettere senza speranza
viaggiano nell'Universo dentro dirigibili di luce
e poi s'insinuano nei sogni delle cattive ragazze;
questa mattina facevo incubi gainsbourghiani
prima che i tuoni mi svegliassero.
Sono votata al crollo?
Può sempre essere considerata una tecnica
ma ora vieni e mentimi. Spreca parole
come chi non conosce le ossessioni.
Calma la dinamo di queste calamità
che attaccano continuamente i mei occhi, isterica,
come le bambole immaginarie di Anne Sexton
ti guarderò ancora, allungherò un braccio,
mentimi ma tienilo con te mentre dormi.
mercoledì 1 giugno 2011
Io non so disegnare- quadri di parole (2)
Le ragazze regnano
dentro i loro vestiti
colorati a tinta unita
il diavolo sbava
trattati d'indipendenza
Pomeriggi di fine primavera
nelle mani del musicista
albeggiano perversioni orientali
nel posacenere s'ergono
mozziconi di sigarette
come foreste dorate.
I barboni al parco, bocca impastata
discutono sul festival di Cannes,
uno di loro una volta stava
quasi per parteciparvi, quasi,
poi non so come finì a mangiare
sottaceti in un garage.
L'ultima passeggeriera
si scorda sull'autobus
la lettera d'addio dell'innamorato
senza averla ancora letta;
mille ricevitori al secondo
dopo un pianto soffocato
sbattono-crampi allo stomaco
di un animale estinto.
La guida al museo soffre d'acidità
di stomaco mentre i bambini mostrano
le linguacce ai quadri
ed i santi ammiccano alle sigarette
il guardiano ascolta canzoni erotiche
con l'auricolare del servizio sicurezza.
Avevano tentato di coltivare
un loro giardino, ora le erbacce
facevano da scudo nella lotta dei silenzi
e solo un fiore orfano
piangeva vicino al recinto.
Vi prego, non scambiatevi sorrisi
come fossero frutta di stagione!
Quando incontrò Vittoria dopo quarant'anni
il loro amore
sembrava un taccuino mai utilizzato.
Ci accorgiamo di non avere nessuno che ci aspetta
quando iniziamo a non preoccuparci
di perdere l'ultimo treno.
Il vuoto che si crea intorno ad un clochard
che sale sull'autobus
non è questione di ritmi naturali.
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