A Leonard Cohen
Sono pronto, mio signore-
fu questo il tuo ultimo verso
dalla perfezione rotonda.
Forse ti togliesti per un attimo
il cappello
guardandoti indietro
e i mercanti di bugie
i paradossi lineari
i muscoli della debolezza
si contrassero, si nascosero
tremanti
come sempre
come mai.
Ti immagino rimetterti il
cappello
mentre il coro dalla Torre-
Hineni Hineni- cantava.
Sono pronto, mio signore-
dicesti senza più girarti
con lo sguardo immerso nella
palude del silenzio
ma noi non eravamo pronti.
noi non siamo pronti,
Leonard,
ad amare tutte le Marianne del
mondo
a seguire tutte le Marianne del
mondo
a perdonare tutte le Marianne del
mondo.
Ci lasciasti
né pescatori, né buddha
rimaniamo a masticare la tua voce
dorata
la bellezza del distacco.
Ci lasciasti con occhi adoranti
i nostri occhi come preghiere
non tornarono più a noi stessi
e sono giorni cattivi
di errori
debolezza dei gesti
di giovinezza disorientata
di silenzi che abbiamo tradito
di fallimenti con cui non abbiamo
mai
imparato a fare l’amore
Solo la poesia è restata
e nella nebbia di novembre
allunga i suoi rami
come mani lascive
come bellissimi peccati originali
accarezzando le rughe nasciture
i fallimenti stratificati
i trucchi mai usati
accarezza le viscere e le mani
titubanti
Solo la poesia è rimasta, senza
te.
Forse è questo che hai voluto
dirci,
Hineni Hineni
Noi, tuoi nudi perdenti
bellissimi
con occhi liquefatti in inutili preghiere
siamo rimasti qui
e solo la poesia ci seguirà.
* da Beautiful Losers, titolo di un romanzo di L, Cohen