mercoledì 29 maggio 2019
UN BAR CHIAMATO IL BAR
Quel giorno aveva risparmiato tempo
per perdere tempo.
Appoggiato sul ponte del cimitero, però,
l’immagine della tazza sporca sul tavolino da salotto
lo perseguitava e anche il letto;
aveva una sorta di fobia per i letti sfatti
erano come piaghe della notte,
capitoli mai chiusi.
Sulla via centrale notò un nuovo bar
chiamato IL BAR,
la cappelleria di via Guidelli si era trasferita,
me ne ricorderò, pensò, almeno fino al giorno in cui
vorrò comprare un nuovo cappello.
Le previsioni davano pioggia ma il cielo resisteva
la gente pareva non preoccuparsene
stringendosi sulle spalle maneggiavano infastiditi
gli inutili ombrelli.
E’ strano, pensò, la tolleranza che la gente
dimostra verso le previsioni errate.
Le vetrine allestivano già la collezione autunno inverno,
d’altronde, non si può attendere l’estate per sempre.
Se solo non avessi mai scritto quell’ultima lettera
pensò davanti a una salumeria
“Prevedo di continuare ad amarti segretamente
Non ho mai detto di essere coraggioso
ma saprò attendere sempre l’estate in cui
staremo mano nella mano, su un’isola”
Altre previsioni e attese, pensò,
e non c’è tolleranza per quelle!
Affrettò il passo,
nelle tabaccherie si affollavano
tabagisti e illusionisti del destino.
No, non mi sta sfuggendo proprio nulla,
disse tra sé e sé, è ora di tornare
a casa mi aspetta l’ennesimo capitolo lasciato in sospeso.
Ho già sprecato tutto ciò che andava sprecato
e nemmeno una goccia di pioggia!