martedì 1 settembre 2020

CREDO SIA TUTTO



Ho deposto i ricordi

i ricami su cartastraccia

ho svuotato le tasche dalle bizzarrie

e no, non c'è niente di bello 

nella pioggia del 01.34

quando si è vuoti di attese.

La tempesta ispira 

quando si brama Il segno.

Chiedi al rammaricato

all'esiliato

al frenastenico

al dimenticato

quanto sia bella la pioggia del 01.34.

Temo di poter soccombere alla felicità

per questo capovolgo desideri

davvero

credo sia tutto,

tutto.


Ho tentato d'accorciare ore e distanze

conservo le spiegazioni

in barattoli sottovuoto

- come esperimenti fallimentari-

quelli mi fissano dalle mensole

risparmiandomi i perché.

Non ho mai saputo sintetizzare le parole 

( come L.Cohen)

ma tu, almeno, potevi amarmi

lo stesso.


Non ho mai voluto la montagna

ma ho fatta sanguinare la mente

scalandoti

una volta in cima

il petto ha ceduto.

Una vittima ignara del crimine

può assolvere il carnefice?

Un errore non indotto

deve per forza essere vergogna?

Proteggo le mie creature malate

un'altra notte in più 

il Sole se la cava;

un raggio sul piede destro

la vita è oltre la fuga

un raggio sulla fronte

i canti che non ascolterai.

venerdì 28 agosto 2020

SCARABEI STERCORARI TECNOLOGICAMENTE EQUIPAGGIATI

 

Perché dovrei pensare a Anne Sexton,

a Van Gogh, alla Cvetaeva, a David Foster Wallace?

Perché dovrei preoccuparmene,

rivangare le pagine delle loro vite

come se ne andasse della mia salute mentale?

Voglio smetterla con i libri

quelli sono solo rogna e bile nera,

il sollievo spirituale

dura il tempo di un sospiro,

il tempo del calcio di un cavallo.

Voglio smetterla con le domande,

con la trasvalutazione dei valori

con gli eterni ritorni

di emicranie e solitudini,

voglio pensare al cavallo sotto forma di tartare

voglio credere che la matematica, beh,

che non serva a nulla

anzi voglio esserne certa,

pretendo di essere felice!

Non tollererò più Whitman e Rimbaud.

Voglio sbronzarmi di certezze.

A cosa diavolo serve l'anima

se milioni di esseri ne vivono senza

ci fanno i falò e ci danzano intorno?!

Voglio unirmi al fuoco sacro,

voglio erigere altari alle cose che non conosco

quotare in borsa la mia religione,

santificare partiti

diagnosticare prostatiti.

Liberatemi!

Voglio sapere di sapere di sapere di sapere

che quel Socrate la cicuta se l'è proprio meritata

e Gauss e tutti i cervelloni

arsi dal disagio

potevano dissetarsi a colpi di cola e ghiaccio- 

"la formula della felicità"!

Non voglio capire perché Ginsberg scelse la pederastia alla guerra.

La guerra.

La guerra.

La voglio rivalutare la guerra

e la pubblicità

e la terra piatta

e le ciliege ai funerali

e la beata routine da scarabei stercorari

tecnologicamente equipaggiati

mangia-lavora-procrea-muori.

venerdì 10 aprile 2020

LE GUERRE CONFUSE



Abbiamo appeso dei cd in balcone, tre file da tre
dovrebbero tenere lontani i piccioni
col loro luccichio
di giorno
di notte suonano canzoni morte
di giorno disturbano i vicini, credo
col loro luccichio pare tengano lontana la vita.
Digerita l’euforia, c’è una gran fame di suoni
lo sguardo, non più infastidito dalla rete,
si getta famelico  oltre la strada
ai marciapiedi,
là, laggiù nel giardino deserto del seminario
i lavori tacciono
i cd continuano a sbrilluccicare
gli alberi rassegnati nascondono le gazze
i dialoghi strisciano apatici
si bloccano sulle dita smangiucchiate
rimandano
si cambiano d’abito, si convertono in sospiri
si auto digeriscono
poi si espellono – tesi – come corpi estranei
su un palcoscenico allestito a festa
mentre i cd
tre file da tre
sotto un sole indifferente
tengono lontani i piccioni col loro luccichio
ancora un giorno in più
i lampioni si accendono , un’altra notte in più
le stelle deridono la nostra impazienza
la nostra lungimirante miopia.

Quando la muta realtà atterra
la sofferenza perde il suo romanticismo.
In strada i suoni si esauriscono
come finali inconcludenti di film che non ricorderemo,
i cieli s’oscurano
di stormi d’uccelli che hanno dimenticato di migrare,
le stanze soffocano in gesti
che hanno dimenticato di vivere,
 alle pareti germogliano piante carnivore
- noi, idrofobi, non troviamo fonti in cui affogare.
Le albe si susseguono,  l’anima del mondo
mi fa male qui, sulla punta dei polpastrelli
s’ammutolisce e si trascina pigra
mentre i piccioni ridacchiano di nascosto
i cd appesi in balcone,  tre file da tre
sbrilluccicano
tacendo
canzoni morte.

sabato 28 marzo 2020

ORA CHE SULLA STRADA NON E' RIMASTO NULLA



Insegnami ad affacciarmi alla finestra
ora che sulla strada non è rimasto nulla,
a conquistare i tetti
a educare il silenzio
a non aspettarmi altro
come quando scrivo e scrivo per te.

Insegnami a ignorare la sconfitta
giunta come un passo sbagliato
durante la nostra danza sgraziata,
a ridere più del necessario
a bere più del dovuto
ad addomesticare l’impazienza e ritrovarmi.

Insegnami a frenare la disillusione
ora che l’amore ci ha abbandonati
in una stazione sconosciuta
ripartendo di fretta
alla ricerca di vittime più docili
di vincitori meno arrendevoli.

Insegnami ad amarti come quando scrivo
a non invidiare gli uccelli
a fare pace col mattino
dentro a questo labirinto pieno di finestre
-alle quali torneremo ad affacciarci-
ora che sulla strada non è rimasto nulla.

venerdì 27 marzo 2020

TELEGRAMMA





Mi è giunto il tuo telegramma.
Mi sono persa nella conta delle sillabe;
da ognuna diramavano mari
asfissie e sponde mai toccate.

Mi è giunto il tuo telegramma
mentre il pomeriggio
confondeva le ore dei giorni
senza prologhi, né finali,
né sogni
ma incubi dati per scontato
e colazioni meccaniche
d'amori coniugali scarni.

Mi è giunto il tuo telegramma
mentre il pavimento scricchiolava
sotto i passi di danza che ci siamo negati
e un tedio opaco
rosicchiava l'aria nelle stanze,
le pareti della cucina si stringevano
attorno a pasti collezionati
e sapori manchevoli.

Mi è giunto il tuo telegramma.
In nove lettere messe in fila
come geroglifici su piramidi mai scoperte
sotto la Luna di Ra
col cuore e la lingua del Cosmo
" ti ri ve drò ".

mercoledì 25 marzo 2020

CERCANDO SOLO DI RESPIRARE



Deve esistere un modo,
ci deve essere un modo per uscire
da questo fotogramma che perde consistenza,
baciare la fronte giusta e andare.
Ci deve essere un modo per uscirne
senza svanire,
impressi all'angolo dell'occhio
di uno spettatore eterno
prendere casa lì, in quel luccichio
e coltivarsi
come mai prima,
come mai, mai.

Ma ora come ora
cerco solo di respirare,
cerco solo di respirare,
respirare.

Quanto più abbonda
- nella tracotanza dell'immobilità-
di aria, tutto questo nulla
che stiamo scrivendoci
che stiamo cantandoci
io brindo a me, mentre tutto ciò
per cui sono, da sempre, in ritardo
vaga insieme ai relitti
in un deserto di nonsense
e si espande sul palcoscenico dei giorni
bruciando come la pellicola di un film muto
dai finali mancati.

Stiamo dicendo troppo per non dire nulla
mentre scorgo ovunque celebrarsi
funerali fantasma
del tempo che conta
degli occhi sbarrati sull'anima
dei dolori che nessuno ha ripagato
dei debiti ingiusti
delle bugie pure.

Per ora io brindo a me
e all'amore che ho svenduto,
alla poesia per cui nessuno ha pagato,
brindo a me
e al meglio che ho saputo fare
- per ora -
cercando solo di respirare
cercando solo di respirare
cercando di respirare.