lunedì 25 aprile 2011

Io non so disegnare- quadri di parole




Sono affascinata da quei giocattoli di plastica inutili
per i quali i bambini intelligenti storcerebbero il naso.
Leggo con le gambe sopra la scrivania, anche in pigiama
preferisco portare sempre il mio cappello quando bevo
non parlo e quando parlo bevo lo stesso.
Prima di passare ad'altra vita vorrei fare due passi di swing
a piedi nudi sul tappeto e poi paparappaereraraparapa.

Amo le poesie che sanno di barbarie di alcolisti sentimentali.
Non mi fiderei di un uomo che non ha mai preso un libro
in prestito dalla biblioteca di periferia di una grande città.
Nei bagni ci sono ragazze dai capelli morbidi e luminosi,
io mi trascino dietro questi cinici scarabocchi.
Ho sempre due rughe profonde in fronte
ma mai nelle situazioni tragiche.

Ci ho messo otto anni per scegliere il mio bar di fiducia
un postaccio che sembra aver vomitato sul marciapiede
sedie ornate da fiori di plastica anni ottanta
come le tette gigantesche di una albergatrice di Belleville.
La proprietaria è una ex figlia dei fiori, con un dente
che spunta più lungo di tutti gli altri quando strilla: "belloo"
Ogni volta che le chiedo le caramelle gommose
apre la scatola dal lato sbagliato facendole cadere tutte.
Finito il caffè, mi capita d'incrociare quello che era
il più figo dei rappresentanti del liceo, fa il postino,
uno come dire, dalla bellezza imbarazzante, peccato
non averlo mai sposato, non avergli mai detto una bugia.

Lucio lavora al pronto soccorso. Fa il turno della sera.
"Oh che dolce, si te quiero anche yo" dice al cellulare
mentre il suo collega continua a guidare l'ambulanza,
a lui il cellulare non suona mai, così ha finito col parlare
con i semafori e capita che manchi spesso dal lavoro.
Dicono che abbia una sindrome strana, ma Lucio lo sa,
ha la sindrome della solitudine!

Una signora dai capelli rossi entra nel negozio
che ripara scarpe e borse, una piccola bottega
dalle tende bianche ricamate, in una via sperduta
sotto l'ombra di un gigantesco albero.
Mi sono sempre chiesta come potessero andare
gli affari in quella bottega, ma una mattina presto
vidi l'anziano proprietario avanzare sereno
con la sua pipa, braccia dietro la schiena
e sguardo sprofondato nella palude del silenzio;
allora mi sono sentita molto stupida
per essermi fatta quella domanda.

Ci sarà sempre quel paio di stupidi pantaloni
che non hai mai sopportato, e puntualmente
viene fuori che sono i preferiti del tuo uomo.

Ho sempre desiderato vivere
in uno di quei condomini sperduti
in qualche giardino interno
dove si coglie sempre una frescura insolita
dove abita qualche ex-hippie dimeticato da tutti
e dove c'è sempre puzza di piscio e anti-futurismo.