mercoledì 22 dicembre 2010
Mentre in paese scende la notte
Langue la poesia, non serve
nemmeno al poeta che prende in prestito
il linguaggio freddo delle bottiglie
per sopravvivere ed attende i tramonti
sul terrazzo di una vecchia locanda
azzuffandosi con barboni e fantasmi
fradice le mani di sporco pianto.
Non serve al bambino dalla passione originale
che preferisce le cime degli alberi
agli equilibri abissali delle parole.
Non serve ad Agnese rimasta senza marito.
Non serve al curato che usa ricatti universali.
Non serve al cane che fissa la luna.
Non serve alla notte che sbircia degradi meno discreti.
Non serve all'innamorato, dannata poesia,
cosa ne capisce lei delle parole che non stanno mai in fila,
belle e pulite, sicure anche quando sbagliate,
innocenti anche quando crudeli, dannata poesia!
Non serve a Olenin*, il chierichetto muto
che accarezza i tasti dell'organo,
mentre Marjanka* gioca in giardino. Ah,
saperla cantare la poesia -pensa- ah,
poterla cantare!
* protagonisti del racconto di Lev Tolstoj "I Cosacchi"
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Bollettino urbano

Sopravvive la sera
dopo la solita guerra
tra previsioni meteo e parcheggi
alla periferia del cuore.
Nelle piazze, i romantici
-sciolti i nodi alla pazienza-
smorzano le rotondità
ad una Storia
che da troppo tempo
rotolava contro senso.
Un nuovo beat accompagna ora
lo screpitio dei passi entusiasti
avvolti dalla nebbia crepuscolare.
L'eco di quel ritmo
si attaca alle ossa
assale le riluttanze
mi ritrovo allora a correre
attraverso il parco desolato
-senza pentimento-torno da te
per abbattere le distanze
tra le infamie lacrimose della paura
ed il vigore incosapevole del destino
-unirli- e frappondendo mille gesti
con mani goffe
stillare l'appendice dei sogni.
sabato 18 dicembre 2010
Preghiera Jazz
________________________________________per J.K
Io non ho mai osato
parlare di te
non saprei farlo
con ritmo spirito e verità
Certe volte nel disagio
di una giornata vinta
mi sovvengono-come visioni
da dipendenza iconografica
le tue mani gonfie
di attese, whisky
successi mistificatori
e piango
e solo allora
prego l'antichità
dei tuoi 48 anni di resistenza.
mercoledì 15 dicembre 2010
Paesaggio urbano
I ritorni; scarabocchi
su pagine già stracciate.
Ti conservo rovesciato
dentro le pupille,
e ricamo canti
come bugie mitologiche.
Bici parcheggiata sotto la pioggia.
Il vento porta via gli ombrelli
alle signore dai vestiti colorati.
Ci sono gesti come scatole
di doni già scartati;
vita ed attesa
in uno sposalizio contro natura
Musicisti zingari con cappelli da Santa Claus.
Pomeriggi dal grigiore improvviso
come nei film
in bianco e nero- giornali
a sbuffare qua e là
dentro e fuori i Cafè
scorgo sproloqui
nei baci degli adolescenti
mentre smette di piovere
qua e là
s'accendono i lampioni.
L'uomo che ride* nel buio di un parco.
*capolavoro di Victor Hugo
sabato 9 ottobre 2010
Il bicchiere azzurro

Agli arcobaleni io mi nascondo
come quei bambini che non hanno dovuto
attendersi troppe sorprese.
Coltivo furfanterie in una mansarda
gremita di aneddoti umani
e dispiaceri immaginari.
Sopra il tavolo di legno
conservo un bicchiere azzurro;
sogni rotondi-rotondi,
come in un gesto un istinto:
morirò solo se sarà stato vano
il mio imbarazzo.
Ti chiamo:
diventiamo selvaggi
a furia di una profonda comprensione.
Ti chiamo;
l'attesa come il gocciolìo di una saracinesca
nell'anticamera della notte.
*l'immagine è una foto presa nella camera da letto della bambina Alda Merini
venerdì 8 ottobre 2010
Lo faceva anche Pavese (tre haiku)

I.
No morning golden words
to keep;
the sad postman
II.
The perfect end?
Your old arms
like roots in someone's heart
III.
Floating bonsai trunk
down the river a boy
reads a goodbye letter
TdA
I.Nessun mattino/di parole segrete da conservare;/il postino triste
II.La fine perfetta?/Le tue vecchie braccia/come radici nel cuore di qualcuno
III.Tronco di bonsai galleggiante/giù al fiume un ragazzo/legge una lettera d'addio
mercoledì 1 settembre 2010
Sbadigli del giorno indebolito
____________________________ad uno sconosciuto
-Tutto era così vero-
tutto era così pretenzioso,
il saper accogliere
ed il saper lasciar andare.
Tutto è così probabile ora;
i nostri corpi-grondaie
fuori da ogni dentro,
lascian scivolare i piaceri
su strade orfane.
Una donna eleva grida
sopra il fantasma della mia lussuria.
Perpendicolari sul pavimento
come sbadigli del giorno indebolito
vuote bottiglie di liquori
-nude-
spietate radiografie della desolazione.
Ed io, incapace di ritorni giaccio
accanto a lei, vagheggiando
il tempo di fanciulli d'olivastra pelle
tragicamente piegati
al loro stupefacente destino.
-Tutto era così vero-
tutto era così pretenzioso,
il saper accogliere
ed il saper lasciar andare.
Tutto è così probabile ora;
i nostri corpi-grondaie
fuori da ogni dentro,
lascian scivolare i piaceri
su strade orfane.
Una donna eleva grida
sopra il fantasma della mia lussuria.
Perpendicolari sul pavimento
come sbadigli del giorno indebolito
vuote bottiglie di liquori
-nude-
spietate radiografie della desolazione.
Ed io, incapace di ritorni giaccio
accanto a lei, vagheggiando
il tempo di fanciulli d'olivastra pelle
tragicamente piegati
al loro stupefacente destino.
venerdì 27 agosto 2010
Ultimo delirio africano di Rimbaud
Lividi rossastri palpitano
sotto la pelle della notte
-residui di soli implosi-
arranco fino alle porte della realtà:
laggiù al villaggio
si celebra un matrimonio,
-compiuto un altro sacrificio-
tra veli bianchi e ciliege rotolanti
sulla mia lingua avvelenata si esaurisce il giorno.
Un leoncino si lecca la zampa.
Sono il buffone del deserto
ed il deserto dei buffoni
mi si arrampica sul petto.
Ah, gli umani, così fieri
dopo ogni atto d'amore,
mentre io piegato da una vergogna
che si vergogna d'appartenermi.
Ricordi fratello
quando ti ficcavo la follia
fino alle budella?
Non si può sposare la mente
che ha scritto la tua fine.
Mi consumavo,
e tu soffrivi come un vero uomo,
poi hai dimenticato
come un vero uomo,
e poi non ci hai pensato più,
come un vero uomo!
Ed io qui,
a farmi ancora fottere
dall'ordine della tua esistenza,
e non è un lavoro pulito, sai,
nel deserto si suda anche di notte.
Un uomo canta in una grotta .
Sulla mia gamba livida
ballano vermi,
-le mie poesie
reincarnate in putride visioni-
la mia tenda orbita lontana dalla vita,
ma non sto morendo.
E' il sudore del destino
quello che mi pende sul mento,
è lui che viene sconfitto questa notte
sotto la mia tenda
-mausoleo di ciarlatanerie europee-
è lui che viene sepolto;
io, candela mi scioglierò accanto,
come ornamento d'un rito sconosciuto.
I venti del deserto
mi si strozzano in gola.
*questo poemetto mi venne in un sogno muto- dopo una bevuta al campo volo- ma con la musica di Jeff Buckley che suonava forte e chiara.
domenica 1 agosto 2010
Predica agli arriccia-naso

"Avete ragione, la poesia non serve proprio a niente"- Dacia Maraini
Avete ragione!
Fuoco ai loro silenzi bizzarri,
alle loro braghe lerce
piene di taccuini d'oro,
alle loro zuppe di piselli,
alle loro innumerevoli mogli
fuoco ai rabbini nudi a piangere "madre!"*
Sì, che sballo il loro trangugiare liquori
dai nomi esotici
la loro cirrosi così esotica.
Che scandalo, sempre a dare in pegno l'orgoglio
per una camicia pulita
ed una corsa in taxi per il nessun dove.
Avete ragione,
scaraventati dall'impotenza
qua e là a notte fonda,
utero-fobici con cravatte francesi,
attaccati ad una cabina telefonica
a gridare furie illogiche.
Avete ragione, la notte è fatta per dormire,
altrimenti obese occhiaie come starnuti kafkiani
ti pendono sull'anima:
e non puoi trascinarti appesantito dalla "lunga poesia"**
senza sbucciarti la candida pelle.
Avete ragione,
che paranoia questi signorpoeti°,
siamo bravi tutti a farci due bottiglie,
tre pianeti, zero amori e botte fuori dai locali.
Che banali questi signorpoeti,
avete ragione!
* riferimento ad Allen Ginberg ed alla sua elegia-perla Kaddish **riferimento ad una delle solite massime di Alice Toklas che diceva: "La poesia è troppo lunga, la vita è troppo corta" °Riferimento ambiguo alla poesia HO 25 ANNI del bellissimo detenuto, cantore furioso, Gregory Corso (immagine dal blog La rumba di Saraghina)
lunedì 26 luglio 2010
Incontro
Fissavo la punta delle dita
dei piedi e delle allucinazioni.
Tu lucido, in quella malattia
che rubava capelli e pudore,
mi avvicinasti
come fanno le farfalle con le lampadine.
Poi mi stringesti
dentro il palmo sudato,
io vi posai sciocchi giuramenti
come previsioni metereologiche
per il prossimo weekend nell'eternità.
Tu non dicesti una parola
-sorridevi-
la fronte invasa da brutte streghe.
Ah, la tua fronte!
Su un divano dalla fodera orientale
confessasti di nascondere
noiosi segreti,
non mi piacciono le verità, ti dissi,
e nemmeno lo scotch,
non quando lo bevono gli altri almeno.
Scomposi le albe di febbraio,
l'ordine dei corpi,
le cornici dei tuoi viaggi dimenticati,
l'ordine della tua cucina,
scomposi il vivere ed il morire in un Uff.
Tu ricamasti un lungo sguardo
sull'oro della mia pelle
- e mentre la luna sbirciava-
dicesti che ti bastava un dito.
Nello stupore, dormimmo,
a lungo
dormimmo.
dei piedi e delle allucinazioni.
Tu lucido, in quella malattia
che rubava capelli e pudore,
mi avvicinasti
come fanno le farfalle con le lampadine.
Poi mi stringesti
dentro il palmo sudato,
io vi posai sciocchi giuramenti
come previsioni metereologiche
per il prossimo weekend nell'eternità.
Tu non dicesti una parola
-sorridevi-
la fronte invasa da brutte streghe.
Ah, la tua fronte!
Su un divano dalla fodera orientale
confessasti di nascondere
noiosi segreti,
non mi piacciono le verità, ti dissi,
e nemmeno lo scotch,
non quando lo bevono gli altri almeno.
Scomposi le albe di febbraio,
l'ordine dei corpi,
le cornici dei tuoi viaggi dimenticati,
l'ordine della tua cucina,
scomposi il vivere ed il morire in un Uff.
Tu ricamasti un lungo sguardo
sull'oro della mia pelle
- e mentre la luna sbirciava-
dicesti che ti bastava un dito.
Nello stupore, dormimmo,
a lungo
dormimmo.
sabato 24 luglio 2010
Mastico verità come caramelle gommose
Anche i santi sparlano*
nei libri sacri,
come potrei io, con le stelle,
non calunniarti?
Abbandonata per una luna
che gioca con le bambole,
mentre in una stanza-
spoglia- ragionavo di follia!
Non ho mai saputo giocare,
io.
Maledetta estate!
Vedo teste gonfiarsi
e scoppiare come bolle di sapone,
il loro chiacchiericcio sparso nell'aria
superfluo
come l'ammiccamento di genitali rotti.
Fuggo nella notte,
con perfidia leggo alla solitudine
favole di religione e pederastia
-sparlo di te con l'inconscio-
e poi, ecco,
la notte è troppo lunga
nella stanza dalle grandi finestre;
leggo favole di Krsna e droghe
e ragazzi della California,
con i capezzoli turgidi
per la moltitudine
ancora da scoprire.
Studio i nomi dei sette cieli**,
sapendo che nessun cielo è utile
quando si cavalcano
ombre di nubi sull'asfalto,
e di tanto in tanto
penso al tuo corpo nudo
che spruzza gli stessi giuramenti eterni
dentro la corona umida
della tua nuova regina.
E lei, oh lei gioca ancora con le bambole.
Non ho mai saputo giocare,
io.
Da bambina mi chiedevo sempre:
"Sarò il cosciotto più delizioso per Dio?"
Sono ancora qui, a bollire
dentro il grande pentolone sacro***.
Ho l'anima incommestibile!
Alla finestra ascolto
sempre lo stesso silenzio,
come il gorgheggio
di un mistero mai svelato,
lo sbadiglio di un dio-bambino
annoiato sulla sua amaca d'aria scura.
Mastico le verità
come caramelle gommose,
aspettando il perfetto vuoto
oppure
solo domenica.
*Miriam che sparla di Mosè
** secondo la religione ebraica, ci sono sette espressioni che indicano il cielo nei testi sacri ed ognuna di esse serve ad indicare una funzione
** R. Shimon b. Jochai diceva: Io dichiaro che cielo e terra furono creati come una pentola ed il suo coperchio
nei libri sacri,
come potrei io, con le stelle,
non calunniarti?
Abbandonata per una luna
che gioca con le bambole,
mentre in una stanza-
spoglia- ragionavo di follia!
Non ho mai saputo giocare,
io.
Maledetta estate!
Vedo teste gonfiarsi
e scoppiare come bolle di sapone,
il loro chiacchiericcio sparso nell'aria
superfluo
come l'ammiccamento di genitali rotti.
Fuggo nella notte,
con perfidia leggo alla solitudine
favole di religione e pederastia
-sparlo di te con l'inconscio-
e poi, ecco,
la notte è troppo lunga
nella stanza dalle grandi finestre;
leggo favole di Krsna e droghe
e ragazzi della California,
con i capezzoli turgidi
per la moltitudine
ancora da scoprire.
Studio i nomi dei sette cieli**,
sapendo che nessun cielo è utile
quando si cavalcano
ombre di nubi sull'asfalto,
e di tanto in tanto
penso al tuo corpo nudo
che spruzza gli stessi giuramenti eterni
dentro la corona umida
della tua nuova regina.
E lei, oh lei gioca ancora con le bambole.
Non ho mai saputo giocare,
io.
Da bambina mi chiedevo sempre:
"Sarò il cosciotto più delizioso per Dio?"
Sono ancora qui, a bollire
dentro il grande pentolone sacro***.
Ho l'anima incommestibile!
Alla finestra ascolto
sempre lo stesso silenzio,
come il gorgheggio
di un mistero mai svelato,
lo sbadiglio di un dio-bambino
annoiato sulla sua amaca d'aria scura.
Mastico le verità
come caramelle gommose,
aspettando il perfetto vuoto
oppure
solo domenica.
*Miriam che sparla di Mosè
** secondo la religione ebraica, ci sono sette espressioni che indicano il cielo nei testi sacri ed ognuna di esse serve ad indicare una funzione
** R. Shimon b. Jochai diceva: Io dichiaro che cielo e terra furono creati come una pentola ed il suo coperchio
martedì 29 giugno 2010
Poemetti del desiderio

1.
Ai poeti
leggo labirinti
lungo le barbe bianche
della mente dolente
-correrò in loro affamata-
mangiata la paura
digerirò paesaggi
finchè esisteranno treni che corrono
...fino a casa.
2.
Come lui non ho
legno - senza foglie- cornice
foto viaggio desiderio giovinezza rimpianto
sul comodino.
Nessun lettone da cui guardare la cornice,
solo lettere slegate:
d l hi udh b h
tg g s dr iu c v
d s a x x w o p l l d d
x e r m o o
Nessun viaggio
nessuna buona considerazione di me
sopra un piccolo letto
sotto un comodino
eee y y u c d r n m m
s t r a a a x r pp o g t y
x a q kk f f s r u i o g c c
Lettere sotto un comodino
sopra un letto di disadattamento
Ma sono ancora giovane
( p u r t r o p p o )
3.
Partendo, ti portasti via le mie scarpe.
Girai i tuoi occhi nel caffè,
bevvi
- oh quale mattino d'immobilità malinconica!-
4.
E se dio fosse il tuo barista di fiducia?
Hey signore,
sì, il caffè lo bevo anche freddo, anche d'inverno,
ma prego niente docce gelide
solo opachi orizzonti e tiepide pozzanghere.
Hey signore,
sì, facciamoci compagnia, e non nascondermi
come t'incanti mentre prepari il succo d'arancia
al giovane universitario distratto.
Come girano i rimasugli sul fondo!
Il tuo sole non si è mai scomposto tanto...
Neanche il mio,
perchè non ce l'ho
E non diventare rosso mentre t'accorgi
che ti fisso da dietro il mio giornale vecchio
di qualche giorno, seduta qui nell'angolo.
Non nascondermi mentre guardi fuori dalla vetrina,
ci guardo anche io, sai, non perchè aspetti qualcosa.
Veramente, ora aspetterei il mio caffè
signore e aspetto che tu sfiori le mie dita
mentre mi passi la tazza.
6.
"Ah come vorrei venire fuori da questa rete d'errori e ansietà tra gli altri
che aspettano nel mio silenzio finchè finisco il mio lavoro
che non è mai iniziato e mai finirà" - Kerouac
"Tu torni da me?"
chiese, e la voce precipitò
- lenta come sbadigli d'estate-
sui miei occhi rosso alba insonne,
pescandovi parentesi e sospiri
-mischiando-
comprese la materia della disillusione.
"Ed è come svuotarsi di continuo...huh?"
7.
"Tuttavia continuo la mia inquieta ricerca mentale"- Kerouac
Quassù arriva odore di terra
-fruscìo d'un bagnato linguaggio universale-
ma non è il Paradiso
dentro le mura.
Non d'Angelo,
l'impronta di naso piangente
contro il vetro.
8.
"M'arrestarono per la grandezza del mio cuore,
fu allora che decisi: "Non tornare"- Kerouac
La luna nello specchietto retrovisore
Guidando stanca nella notte
solo la luna m'inseguiva tra i boschi
- non gli amori-
pioppi addormentati dopo la pioggia.
10.
"Buio è il mio dio,
groviglio di cento radici che suggono mute"- Rilke
Sempre, lasciando una stazione,
- riflesso di pugno sul vetro
stagno lucente
incrocio desolato
grano maturo
paesino sbadigliante
albero taciturno in mezzo al campo
come il "Vecchio pensatore" di Auguste Rodin-
pensiamo di percorrere gli unici binari esistenti
-ridono i cespugli che nascondono altre vie-.
domenica 27 giugno 2010
Un giorno in Giappone

1. RISVEGLIO
Kikkirikki sui fiori di pesco
-e mi svegliai immensa
in una capsula hotel
2. MATTINO AI GIARDINI DI KYOTO
"Om amarani jiwantiye swaha"
Vengo a cercarti anima e già so,
è un gioco sotto questo cipresso-
ma non posso smettere il canto; Om
3. PRANZO DA SUIKO
Nabe al centro, come sole e i suoi raggi-
il vento spinge in salone delle foglie secche.
Oh amici, cucinatemi per i vostri silenzi.
4. VISITA AI MONASTERI SUL MONTE HIEI
Cantano per noi il mantra dell'Infinito;
vicino ad un sassolino che rotola,
ricordo il sibilo del treno che ci porterà via.
5. AL PADIGLIONE D'ORO
Meditava disteso sul lago-non osai disturbarlo-
contemplai il riflesso; come su milioni di occhi umani
gettai l'amo e pescai il silenzio.
6. IL VIAGGIO DEI CONTRASTI
In metropolitana, tra i punk, una geisha-
calzino bianco sporco e labbra dolcemente serrate.
Arrossisce la mela sul ramo disegnato.
7. ASPETTANDO LA FINE
Voglio una Mahayama
che sappia di mattino-
cantò l'uccello della notte.
Questo non è un attentato // This is not an attempt

Voglio diventare produttore i pastiglie di cianuro
In palazzi di zucchero filato
dialoghi su DD HH
"shame your neighbour"*
- formule di stregoneria-
A notte fonda, tutti dormono
qui, ed io alla finestra.
Quella donna dai capelli luttuosi**
guarda di nuovo la Luna da dietro le sbarre
Amate, amate, amate
***
I want to become a cyanide pills producer
In candy buildings
dialogues on HH RR*
"shame your neighbour"**
-withcraft formulas-
All sleep at night
here, and me at the window.
That woman with tragic hair***
is still watching the Moon from behind the bars
Love Love Love
* Human Rights
**tradition in the internatinal organisations
***Aung San Kuu Kyi
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